Dai,
parliamone! di Salvatore Falci, la scomparsa dalla scena dell'opera di
qualsivoglia oggetto da contemplare e la trasformazione della galleria
in una sorta di salotto in cui Ë possibile discutere con l'artista e con
i militanti di Amnesty International sul tema della pena di morte - contro
la quale Ë anche possibile firmare una petizione che verrý realmente inoltrata
al Parlamento europeo - trasforma radicalmente il cerimoniale del vernissage,
introducendo in maniera performativa nel birignao e nei commenti di circostanza
che abitualmente informano i discorsi del pubblico, la discussione e la
riflessione attorno ad un tema civile. C'Ë da aggiungere che - in maniera
forse imprevista - la particolare natura di questa operazione ha finito
del pari per trasformare la composizione stessa del pubblico della mostra,
mescolando quello abituale dell'arte - presso il quale l'operazione era
stata promossa come personale di Salvatore Falci per mezzo di canali e
formule convenzionali - a quello dei pacifisti di Anch'io a Kilengani
attirati invece dal tema particolare di discussione di cui erano stati
portati a conoscenza. Questa commistione culturale ha realizzato quello
che potremmo definire nei termini di un "cortocircuito situorelazionale",
tale da sovvertire gli schemi di comportamento abitualmente messi in pratica
dai due diversi gruppi in questione. |
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